TECNICISMO E UMANESIMO

Possono  coesistere?

Questa nostra epoca é caratterizzata da un divenire tecnologico predominante rispetto ad altre attività umane e tutto fa pensare che l’accelerazione imposta dalla tecnologia elettronica, informatica, virtuale, segnerà sempre più il futuro ed il destino dell’umanità.

Se si considerano le conquiste ottenute nel processo produttivo industriale anche solo negli ultimi 20 anni, si vedrà  che la velocità nell’evoluzione tecnologica ha toccato  valori del tutto impensabili nel tempo storico appena precedente. Ora, grazie alle conquiste della tecnologia elettronica si possono scambiare informazioni in tempo reale, progettare e realizzare cose altrimenti difficilissime da ottenere, programmare interventi direttamente connessi al futuro dell’umanità, esaltando il potenziale intellettivo umano in un’orgia di potenzialità. Oserei dire che il tecnicismo è il terzo fattore che, unito agli atri due: la filosofia e l’arte, determinerà il cammino dell’uomo nel progresso, purché questo trittico divenga indissolubile ed identificabile nella voce : cultura.

Infatti c’é un aspetto allarmante che non va sottaciuto ed é insito nella deificazione del tecnicismo a scapito delle altre due componenti. Ne è prova il rilassamento nell’insegnamento scolastico delle materie umanistiche, non solo per la riduzione della loro corposità, ma soprattutto per l’impoverimento dei contenuti.  Vero è che alcune università elitarie dedicano tuttora grandissima attenzione alle materie umanistiche ma, a mio avviso, il problema va affrontato più a monte, ovvero nel licei o, ancor meglio, già nelle scuole medie, quando è in formazione quel patrimonio intellettivo indispensabile non solo ad una più avveduta scelta del proprio futuro professionale, ma anche per una maggiore apertura mentale che deve essere fondamento nelle future attività e nei rapporti interpersonali.

Chi ponesse a suo solo traguardo la specializzazione tecnologica disertando ogni altro affinamento culturale rischierebbe non solo l’inaridimento del proprio animo e della propria morale, ma anche la capacità alla comprensione ed all’accettazione del pensiero e della personalità altrui. Non a caso i maggiori scienziati che aprirono all’umanità sconfinati orizzonti nella consapevolezza del suo divenire furono filosofi e grandi pensatori, due per tutti: Darwin e Einstein, ma senza dimenticare Cartesio, Galileo, Newton, e l’elenco potrebbe essere lungo.

Non è raro vedere due giovani che, a poca distanza l’uno dall’altro, conversano virtualmente mediante smartphone, tablet o altri modernissimi congegni in continua evoluzione, quando la stessa cosa e meglio la potrebbero fare verbalmente. A lungo andare ognuno d’essi si ritroverebbe isolato in un freddo ed anonimo mondo virtuale, privo di quelle pulsioni emotive e psichiche che identificano l’uomo qualificandone l’interazione interpersonale. Sentimenti ed emozioni come l’amore, il gusto del bello, lo struggente senso d’infinito insito in una natura incontaminata, abbisognano di contatti diretti, vorrei dire epidermici, per essere trasmessi nella loro pienezza, così come l’indispensabile confronto sui problemi esistenziali nei quali, prima o poi, ogni uomo dovrà relazionarsi.  La cultura umanistica, con le sue componenti di filosofia, letteratura, arte, assume quindi un ruolo determinante nella formazione e nell’affinazione dei sentimenti per chi voglia sperare e credere in un futuro sempre più aperto al perfettibile, nell’ideale connubio col tecnicismo.

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