Mercantini: “LA MESSA DI PIO IX”

Fin dalla prima strofa che accompagna Pio IX nell’accesso all’altare appare il conflitto interiore che in lui insorge nel segnarsi con la croce di Cristo invocando: “ Judica me Deus”  consapevole della collera di Dio per le sue nefandezze. I rimorsi della coscienza si aggravano al “ Gloria “ nell’apparente motilitá delle spine del Cristo in Croce che imprimono al suo volto sofferente, tristezza ed ironia. Il pallido e spaurito viso del Papa via via riprende colore nell’usata baldanza, rinfrancato ch’egli sia dalla presenza dei cardinali, dal lusso dei paramenti, dai canti e dai suoni della ridondante liturgia. Giustifica quella visione come un inganno di Satana e, pur ancora timoroso, alza furtivamente lo sguardo alla Croce ( ed è lo sguardo del vile ) nella richiesta della benedizione divina: ma Cristo, immobile, non vede e non ode. Giunto al rito della consacrazione dell’Ostia ed al ricordo dei vivi e dei morti, mormorandone il “ Memento “ , lo riassale il terrore quasi inducendolo alla fuga: “ Memento “  ricordati il giorno del tuo tradimento e di come tradisti la fede che in te ponevano gli insorti della nascente Italia. Ricordati di quando, nottetempo e travestito da semplice prete fuggisti da Roma pur di non condividere la politica d’unione degli stati italiani e la ripresa della guerra contro l’Austria. Ricordati quando trionfante, nel sangue degli Italiani che per te si scannarono in una guerra fratricida sulle rive del lago Trasimeno, rientrasti in Roma incoronato con la corona dei tre regni. Da tutti i confini d’Italia, dalle Alpi, dai mari Adriatico e Tirreno, gli giungono i richiami e le accuse dei morti per l’unitá e l’indipendenza dell’Italia. “ Memento “  gli manda a dire anche Locatelli Pasino che Pio IX nel 1859 fece interdire dal tempio per aver osato, dal pulpito, cercare proseliti per la seconda guerra d’indipendenza. A questi ricordi la pallida fronte del Papa stilla sudor freddo. Impietrito nel delirio del rimorso, vede i doppi candelabri dell’altare tremare facendo cornice a due braccia che, di qua e di là dal calice calano sull’altare, trattenendole per i capelli le due teste mozzate dei patrioti Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti ch’egli fece decapitare il 24 Novembre 1868. Dall’incubo lo risveglia a quel punto il rombo del cannone della fortezza di Sant’Angelo che segnala il momento dell’ostensione dell’ostia consacrata e, rincuorato ed autoassolto rialza il capo, spezza l’ostia e beve dal calice il sangue di Cristo che non puó purificare il suo cuore nefando. Rivolto ai fedeli inginocchiati che lo fissano immobili, il volto raggiante di commossa gioia, impartisce la benedizione papale, mentre dalla torre Adriana, Castel Sant’angelo, la voce del cannone ad ogni colpo rammenta al mondo i morti di Mentana.

 

“LA MESSA DI PIO IX
il dì 11 Aprile 1869

Si segnò nei tre nomi e, detto appena
– Judica me – trascolorò nel viso,
e un tremito sentì per ogni vena.

Le mani con terror si guatò fiso;
ma fu breve spavento, e grave ascese
al luminoso altar con un sorriso.

Ma poi, quando le braccia in su distese,
e – Gloria – cominciò con gli occhi al Cristo,
di nuovo i membri quel tremor gli prese.

– Così, tra sè dicea, non l’ho mai visto !
Gli si movean le spine sulla testa,
e mi guardava tra beffardo e tristo-.

Intanto il tempio rimbombava a festa,
e i cardinali scintillanti d’oro
sorgean, scuotendo la purpurea cresta.

Più vive arser le faci, e innanzi a loro
vaporavano nuvole d’incensi
ad ogni nota del beato coro.

Turgidi allor gli spirti in lui rifèrsi;
la faccia, come pria, tornò giuliva.
– Satana, disse, mi fe’ inganno ai sensi-

E la pupilla rialzò furtiva
nell’ atto di chiamarlo in sacramento:
Cristo era immoto, e non vedea né udiva.

Ma quando, al petto reclinato il mento,
giunse le mani e, come vuole il rito,
guardando l’ostia susurrò – Memento-,

si volse per fuggir, quasi atterrito:
– Memento i dì che tutto a te si diede
il cor d’Italia e come l’hai tradito.

Memento che a raccendere la fede
scuoter potevi allor la brutta soma
per ritornar del Nazareno erede:

ma tu fuggisti come un vil da Roma;
poi  tra ‘1 sangue del popol cristiano
redivi col triregno su la chioma.

– Di noi Memento, o re del Vaticano,
siam l’anime dei morti al Trasimeno,
pel  trono tuo squarciati a brano a brano-.

E dall’Alpi e dall’Adria e dal Tirreno
correa su lui di voci onda infinita:
Memento il sangue che ci riga il seno-.

Ma più gran voce egli ha su l’altre udita
: – Memento anche di me: son Locatelli !-
Stillava la sua fronte illividita.

Tremarono i doppieri, e in mezzo ad elli,
di qua e di là dal calice, due braccia
calarono due teste pei capelli.

Non si muov’ ei, perché impietrato agghiaccia,
ma in quel punto Sant’Angelo tuonava,
ed ei  securo levò in su la faccia.

Con le mani la bianca ostia spezzava,
e rubicondo al calice gemmato
suggeva il sangue che il suo  cor non lava.

Lieto voltossi al gregge inginocchiato
che, senza ciglio muovere, s’affisse
in quel volto di gioia irradiato:

e, quando alzò le dita e benedisse,
pel grande amor piangea !Torre Adriana
coi colpi del cannone al mondo ‘l disse;

ed ogni colpo dir parea: – Mentana !

                                                                                                               Luigi Mercantini

Nota critica

È una poesia che, senza ombra di dubbio, ci mostra tutta la gesuitica perfidia, il fariseico buonismo, la viltá di Giuda, dell’ultimo Papa-Re, Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti, traditore della nascente unitá d’Italia ma che il suo degno compare Giovanni Paolo II°, al secolo Karol Wojtyla, ne decretó la beatificazione il 3 Settembre 2000. Dai documenti in mio possesso non sono in grado di stabilire se la data “ 11 Aprile 1869 “ riportata dal Mercantini come sotto-titolo alla poesia corrisponda alla stesura della stessa o non piuttosto alla messa officiata da Pio IX. Comunque sia , lo stato d’animo di Pio IX del tutto surreale e fantasioso, é descritto in questa poesia evocante i misfatti di costui nella travagliata epopea del Risorgimento Italiano, con toni di lugubre tristezza che toccano l’apice di feroce accusa nell’atto finale di autoassoluzione che questo Papa si compiace impartirsi. Inutile stupirsi che Papa Wojtyla abbia santificato un criminale di quel calibro come è inutile stupirsi che Wojtyla a sua volta venga santificato da Papa Francesco, al secolo Papa Bergoglio: il comportamento omertoso della mafia Vaticana ( la peggiore di tutte le mafie come ho piú volte asserito, documenti storici alla mano ) giustifica. assolve e santifica i suoi gerarchi, indifferente, che siano proclivi a simonia, sodomia, mercimonio, tradimento, genocidio.  Costoro hanno tutti lo stesso aspetto: bonario e pacioso, molto adatto a celare il subdolo e infido animo del gesuita.

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