L’ ANALISI AUTOCRITICA

Viene un momento nella vita, nel quale, o per l’impatto con avversità o disinganni, o per il fiorire di nuovo sentimenti, o per altra qualsiasi imprevedibile causa che ecciti la nostra psiche, ci troviamo , talora inconsapevolmente, ad assumere posizioni introspettive e a dibattere in noi stessi problemi di autocritica esistenziale nell’analisi del nostro vissuto e di quanto e cosa abbiamo realizzato.  Questo momento é il sale della vita e va assaporato ed accettato, anche se doloroso,  con grande coraggio nella certezza che il processo che stiamo avviando in noi, ci darà la coscienza di uomini giusti, la dignità di uomini liberi.

Il dubbio che sorge quindi in noi getta ombre profonde sul valore della nostra opera; ci assilla il tormento della mediocrità della nostra esistenza; l’ insoddisfazione di noi stessi non ci fa più partecipare con entusiasmo alla vita di ogni giorno e togliendoci ogni intima sicurezza, quasi collocandoci in un dicotomico limbo, ci preclude persino la possibilità di fruire e gioire di cose semplici e valori eterni quali il coraggio, l’amore, la speranza.  E’  il cinismo.

E’ necessario precisare subito che taluni individui possono trovare risposta alla loro analisi introspettiva nella convinzione del valore del proprio operato, nella intima soddisfazione di se stessi per le mete raggiunte o di quanto conosciuto, nella certezza che nulla val più la pena d’essere tentato o ricercato poichè quello già ottenuto  é bastevole ed appagante.  Costoro sono la peste morale della società: riescono persino a mentire a loro stessi obnubilando e sviando la loro coscienza pur di avvalorare il proprio ” Io “.  Rappresentano frequentemente la più bieca borghesia padronale, si ammantano sovente di retorico paternalismo portando se stessi ad esempio in ogni occasione e giustificando sempre e comunque il proprio operato, determinano tensioni sociali ed oscurantismo presumendosi alfieri del lavoro o tutori del pensiero.  Né d’altro canto l’analisi introspettiva di costoro  ( ammesso che in essa si cimentino ) é onesta e vera analisi,  né tantomeno autocritica, perché nulla in essa tende alla critica bensì tutto, più o meno velatamente e consciamente, tende alla mistificazione per l’autoincensamento.  Per essi la verità é solo il loro ” io ” , il valore é solo la loro scelta, la realtà positiva é solo la loro opera.  Inutile sperare nella maieutica socratica per aprire il loro pensiero e le loro coscienze.  L’ immorale che personificano é sicuramente ostacolo all’affermazione di dignità e di libertà nel pensiero e nell’onesto libero arbitrio di ogni civile società.

Per contro, l’ intima insoddisfazione,  la cognizione della propria ignoranza e la certezza dei propri limiti,  l’ ammissione dei propri errori morali e materiali, stigmatizzano l’uomo che vale, poiché già il solo sospetto di mediocrità nell’elaborazione del processo di analisi designa l’uomo giusto, proteso all’eterna ricerca del perfettibile nel suo divenire.  L’accorgersi di non sapere, il constatare di essere persone comuni perché nulla di veramente eccezionale si é fatto,  il dibattersi quotidiano in mille incertezze, sono stimoli propedeutici al progresso, appannaggio degli uomini giusti per i quali la certezza di ignorare sempre troppo e di aver fatto troppo poco é stimolo a voler conoscere e fare sempre di più.  Essi sostengono ogni giorno durissime battaglie interiori psicologiche e morali contro la società più ottusa fondata sui pregiudizi e sui tabù;  si trovano spesso costretti ad agire contro corrente  per il solo fatto che rifiutano di vegetare  e di sentirsi pianificati,  perché credono nella ragione e vivono con la ragione;  si scoprono isolati e guardati con sospetto dal borghese asservito e dai piloti del sistema perchè antepongono a tutto la propria dignità di uomini liberi.   Le virtù dianoetiche,  presenti nel loro subconscio,  non consentono loro di scendere a compromessi quando ci sia di mezzo l’essenza morale dell’uomo.

La via della libertà non é facile perché spesso contrasta con le tradizioni, urta contro vecchi principi morali e religiosi, impone scelte precise e grandi disagi, così come non é facile un’ analisi autocritica onesta e veritiera perché prevede brucianti disillusioni e crisi morali, ma sopratutto richiede grande coraggio, tanta speranza, tanta modestia.

L’inganno, sottilissimo, nasce se mai quando accettiamo la sorte avversa come dominante, quando cioé per troppa avversa fortuna, abbandonato il coraggio, cessiamo la lotta e scordiamo la speranza, accasciati  in un mortale fatalismo.  Subentra così il cinismo, catena della ragione, ostacolo al progresso, mefitica palude che occlude la ricerca della verità apodittica alla quale tende il nostro essere e il nostro divenire.  E’ il processo patologico più difficile a guarire, ma non impossibile perché l’estrema risorsa di ogni uomo nell’ inalienabile  equilibrio imposto dalla natura é l’ amore:  amore verso la natura, verso l’arte, verso il libero pensiero.  Il cinico che trovasse  il coraggio e l’umiltà per una serena analisi autocritica troverebbe la strada per accettare ancora l’amore, di viverlo nella sua pienezza, accorgendosi ben presto di essere più che mai vivo e ogni giorno nuovo, poiché sentirà il calore della speranza aprirgli nuovi orizzonti e ritroverà il gusto per le cose belle e gentili.

L’esito di una profonda ed onesta analisi autocritica, evidenziandoci la nostra pochezza e la nostra fragilità morale ci potrà anche deprimere per qualche tempo ma ci soccorrerà nel miglioramento  di noi stessi aiutandoci a rifuggire dal cinismo evidenziandocelo come disgregante della dignità umana.  Il cinico, per il fatto stesso che disconosce e disprezza sentimenti e pulsioni gentili, é propenso ai più bassi commerci morali sovente prostituendo se stesso per un effimero bene; può rinnegare decenza, verità, libertà, nel desiderio di ferire; può giungere a trovare nel suo stato un elemento di comodo per amalgamarsi alla borghesia asservita, fino all’accettazione ed al sostegno della più bieca reazione oscurantista, padronale o politica; può negare il diritto alla vita agli altri per beneficiare la propria.  Ecco perché solo il coraggio, la speranza, il desiderio del vero, sono l’unico e sicuro riscatto e l’ostinarsi a negarne il valore equivale a rinnegare la dignità di uomo passando nel tempo e nella storia senza lasciare segno.  La cosa peggiore che possa accadere a un uomo è di essere inutile, ma per essere inutili bisogna volerlo nell’accettazione di inerte pensiero.  Un uomo inutile non é un uomo libero perché l’utilità é intrinseca alla libertà.

La libertà non la si strombazza ma la si conquista giorno per giorno combattendo duramente ed ostinatamente e solo l’autocritica serena, l’analisi profonda della nostra disponibilità in funzione delle scelte possibili oneste e razionali suggerite dal momento storico nel quale viviamo, proiettato il pensiero alle possibili implicazioni future, ci possono dare quell’autodeterminazione che,  scavalcando pregiudizi e tabù, conferisce dignità.  Non serve fare grandi cose per avere la dignità di uomini liberi, come non serve essere luminari di scienza per non sentirsi mediocri perché tutto é relativo, ma basta solo saper scrutare in fondo al proprio ” io ” respingendo le tentazioni e le comodità del conformismo per sciogliere le pastoie dei pregiudizi  e dei tabù nella coscienza dell’essere: ” cogito ergo sum”.

L’analisi autocritica é pilastro fondante per la consapevolezza della dignità di uomini liberi.

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