Sono troppo indignato per i criminali accadimenti in violenta contestazione all’EXPO che ieri a Milano ne vedeva l’inaugurazione, per rimanere inerte e succube della mia (spero) momentanea semicecità che mi rende difficilissimo lo scrivere. I sentimenti di sdegno, rabbia, frustrazione prepotentemente mi sconvolgono per l’ennesima constatazione dell’ipocrisia, inadeguatezza, fellonìa dell’attuale consorteria governativa guidata dal copobanda Matteo Renzi. Le violenze, i danneggiamenti, le devastazioni che hanno ferito Milano ed umiliato la maggioranza degli Italiani erano largamente prevedibili perché annunciati dai molti segnali ricevuti e lanciati da Polizia e Prefetture ed è quindi inconcepibile ed ingiustificabile che abbiano avuto attuazione i criminali episodi di guerriglia urbana che hanno devastato la cittá.
Il fascismo di matrice comunista che permea il Renzi-pensiero e che traspare persino dalla sua mimica facciale malamente scimmiottante l’inalberata fronte di Mussolini, rende palese il disegno: consentire i disordini per intervenire poi con veste pseudo-salvifica per imporre l’ordine con il “carisma” della sua persona ed il “diktat” della sua arroganza. Si giustifica cosí l’esistere dei centri sociali, noti covi di disadattati, sovversivi, antagonisti ed anarchici insurrezionalisti che porgono asilo e suffragio ai criminali Black Blok internazionali quando essi stessi non ne siano espressione. Chi pagherà i danni subìti da banche, imprenditori e privati cittadini che si son visti le automobili (magari non del tutto pagate) divorate dal fuoco e che forse non hanno piú i denari per comprarne altre? I responsabili morali sono sempre gli stessi che siedono nei palazzi del potere e che, compiacente una certa stampa asservita, pongono dubbi sull’azione preventiva delle Forze dell’Ordine. Polizia e Carabinieri hanno fatto l’impossibile per contenere il furore distruttivo di quei forsennati limitandosi a schieramenti e sbarramenti difensivi degli obiettivi sensibili ed evitando ogni diretto contatto che sarebbe stato letto come atto provocatorio.
Uno Stato democratico deve sì consentire lo svolgimento di programmate manifestazioni sia a carattere sociale che politico, ma deve esigere che queste si svolgano pacificamente e senza recar danno a cittadini ed imprese. Sarebbe bastato che lungo tutto il percorso previsto avesse schierato l’Esercito cosí che il corteo sfilasse tra due ali di soldati in assetto antisommossa, e che la testa e la coda del corteo stesso fossero presidiate dalle Forze dell’Ordine. Sarebbe bastato varare una norma di legge che imponesse ai comitati o enti organizzatori l’obbligo di risarcimento in solido di eventuali danni, proporzionalmente suddivisi con gli esecutori materiali arrestati che rimarrebbero in carcere fin tanto che da loro o dalle loro famiglie i danni stessi non siano del tutto rifusi. In questo contesto, nutrite pattuglie mobili di Polizia e Carabinieri avrebbero potuto aggirarsi per le vie della cittá al fine di stroncare sul nascere disordini e vandalismi esterni al corteo. L’ipocrisia nel rilanciare l’immagine dell’Italia come un “ grande Paese “ nella bulimia di potere del capo della “nomenklatura” nostrana sconfina e si confonde con la demenza dei Black Blok.
L’evento EXPO è solo agli inizi e il mondo intero sta scrutando e valutando la nostra attendibilità: l’incombente minaccia dell’Islam troppo a lungo sottovalutata e minimizzata che avrebbe dovuto indurre il governo ( se dignitoso ed autorevole) a ripudiare ed abrogare gli accordi di Shengen affrancandoci dal servaggio ad un’Europa opprimente e molesta, puó oggi cogliere il destro per eclatanti azioni terroristiche. Per troppo tempo, in nome di un buonismo masochista ed autolesionista, abbiamo importato con i barconi bassa manovalanza jihadista che al momento opportuno, e l’EXPO ne é l’invito, faranno sentire la loro voce di morte.
Ci sará sempre qualcuno che dai palazzi del potere, con ipocrita demenza suffragata da un rosso giornalismo di comodo, punterá il dito contro le Forze dell’Ordine accusandole di inadeguata prevenzione.