IO STO CON STACCHIO

Non avevo programmato di scrivere un articolo sulla tragedia di Ponte di Nanto che ha visto un eroico cittadino, il benzinaio Graziano Stacchio porre a rischio la sua stessa vita per difendere quella di suoi concittadini minacciati , armi alla mano, dal criminale rom Albano Cassol autore con complici di una tentata rapina alla locale gioielleria di Roberto Zancan. Ora tuttavia a seguito degli inviti che molti lettori del mio blog mi rivolgono, ed anche a seguito di farneticanti esternazioni dei soliti “ sinistrorsi “ presenti alla trasmissione “ LA GABBIA “ della TV “ La 7 “,( tipica l’attrice e blogger Veronica Gentili) e, non ultima la serafica e frastornata giornalista Deborah Dirani ( collaboratrice de “ IL Sole 24 Ore e de “ L’Huffington Post con l’articolo: “Io non sto con Stacchio, il Veneto non è il far West”) non posso piú esimermi dall’esprimere il mio pur modestissimo pensiero. Il Sig. Stacchio che in un primo tempo aveva gridato ai banditi di fermarsi ed anche sparato in aria per intimorirli è stato fatto oggeto di alcuni colpi d’arma da fuoco ( sventagliate di Kalashnikov e pistola Beretta 9×21 ) sparati dal criminale rom Albano Cassol e complici con intento palesemente omicida, visti i punti d’impatto dei proiettili nella struttura edile a cui lo Stacchio si era addossato. A questo punto il Sig. Stacchio ha dovuto scegliere tra il farsi uccidere o attuare una sacrosanta legittima difesa. Ha quindi a sua volta sparato al criminale Cassol che lo teneva sotto fuoco ma, udite e stupite, non in parti vitali con l’intento di ucciderlo come verosimilmente avrebbe fatto la maggioranza di noi, ma in una gamba per fermare l’efferato assalto. Cosa che è avvenuta con la conseguente precipitosa fuga del bandito che ha tentato la fuga con la Renault Laguna rubata; ma gli ha detto male e poco dopo è morto dissanguato perché il proiettile aveva reciso l’arteria femorale. I complici sono tutt’ora ricercati.

Detto questo per precisione di cronaca, non rimane che analizzare l’evento, non tanto nella specificitá degli accadimenti quanto nelle cause prodromiche allo stesso, per poter procedere poi a ipotesi di arginatura del fenomeno criminale rom e non solo. La situazione di degrado sociale e di miseria fisica e morale che configura la maggior parte di questa variegata comunità, il limitatissimo o pressoché nullo acculturamento, l’avversione all’accettazione di un lavoro onesto in condivisione con la societá civile perché piú o meno percepito come lesivo della libertá ed individualità dei singoli,, non puó che produrre quell’emarginazione e quell’isolamento che essi imputano, falsando i dati, alla societá legalitaria. Ne consegue che quella comunità è costretta a contorcersi su se stessa, a chiudersi in un presente ed in un “ modus vivendi “ senza un futuro di riscatto, ne consegue che la criminalità è l’unico sbocco per il sostentamento e la sussistenza dei singoli e dei loro congiunti, correi in una conclamata omertà quando non addirittura in condivisione e in apologia di reato. Pensare che questa comunità analizzi, critichi e condanni i comportamenti criminosi che ne costellano il vissuto é cosa che solo l’utopia buonista di un giornalismo masochista ed autolesionista ( ovviamente di sinistra ) puó argomentare con la surreale affermazione della esimia giornalista Deborah Dirani che mai userebbe un’ arma (che per altro aborrisce) per difendersi da chi le sparasse addosso. Aggiunge costei che solo si affiderebbe all’intervento delle forze dell’ordine, evidentemente ritenendo che la semplice evocazione telepatica ne materializzi la presenza. A tanto arriva la faziosità dell’ideologia di sinistra.

Purtroppo l’acuirsi della criminalità in un crescendo di violenza e ferocia è il parto di una situazione economica estremamente difficile ( direi tragica visti i morti suicidi per dissesto economico ) che tuttavia non puó essere assunta ad attenuante concausa ma va stroncata con estrema durezza. Il ripudio del lavoro onesto se pur umile e la scelta del crimine reiterato avvolti e coperti dal grembo nefando di una comunitá omertosa sono insignificante accento per i demagoghi di una sinistra politica deviata e deviante, e pur anche per il clericalismo borghese che si inebria all’ostentato buonismo del gesuita Bergoglio. Gli autori di una rapina a mano armata non possono a mio avviso cavarsela con qualche anno di carcere ma, se catturati, scontare la pena con il lavoro forzato affinché comprendano il valore del lavoro nel quotidiano impegno per il raggiungimento della dignitá perduta. Qualora poi la rapina degeneri in omicidio, il 41 bis, che in realtà è detenzione in villeggiatura, assuma in toto i caratteri di Guantanamo nel quale unico diversivo di svago sia il quotidiano lavoro forzato per tutto il periodo della pena, irriducibile e certa.

Nel caso specifico in oggetto sorprende, ma neanche troppo visto il contesto morale della comunità rom, che i parenti del bandito Albano Cassol chiedano per via legale un risarcimento per danni al Sig: Graziano Stacchio, ma sorprende ancor piú che ci sia un avvocato che accetti di perorarne la causa: evidentemente l’elasticitá della coscienza di ognuno non pone limiti etici e morali all’egocentrica animalità dell’uomo. Ci sará sempre un avvocato, magari vicino ai “centri sociali” entusiasta difensore dell’abbrutimento del vissuto di taluni. 

In definitiva è impossibile non apprezzare ed ammirare l’alto senso civico che ha spinto Graziano Stacchio ad intervenire, a rischio della sua stessa vita, per sventare una rapina a mano armata e nel contempo è impossibile non riconoscergli l’alta umanitá nel rispetto della vita altrui che lo ha indotto a colpire chi gli stava sparando addosso, non in parti vitali, ma in una gamba giusto per tentare di fermare l’aggressione omicida. Ne terrá conto la claudicante giustizia italiana?

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