IL SIMBOLO DI UN ISLAM SCONFITTO

Irrompe oggi sulla stampa ( e il quotidiano “IL GIORNALE” ne fa ammirevole documento ) la notizia che i terremotati-sfollati di Spelonga, frazione di Arquata, pur nell’immenso dolore delle loro case distrutte, con orgogliosa fierezza intendono riaffermare la loro identitá storica con un gesto che illumina il coraggio e la dignitá di quelle genti di montagna. Riuniti in un albergo di Porto d’Ascoli hanno fatto richiesta perentoria alla Curia ed ai Carabinieri di recupero immediato del vessillo musulmano custodito nella pericolante chiesa  di Sant’Agata. Quel vessillo sventolava su un albero di una nave  della flotta turco-ottomana al comando di Müezzinzade Alí Pasciá nella battaglia di Lepanto del 7 Ottobre 1571 nella quale la flotta della coalizione degli Stati Cristiani guidata da don Giovanni d’Austria riuscì vittoriosa distruggendo la flotta musulmana che ancora tentava la conquista dell’occidente. Quel vessillo strappato da un combattente  di Spelonga alla nave semidistrutta, (furono circa 150 gli arruolati dei borghi di Arquata) fu trofeo di guerra e testimonianza di gloria ed infinito eroismo per la popolazione di quel borgo.  Artefice fu Carlo Toscano o, assai piú verosimilmente, sua sorella Maria che ( vestita di abiti maschili per mimetizzarsi tra i combattenti ) arrampicatasi sull’albero della nave ne prendeva possesso per poi portarlo e donarlo alla comunitá di Spelonga affinché lo custodisse nella chiesa di Sant’Agata.  .

Lascio doverosamente al quotidiano “ IL GIORNALE “ la cronaca degli accadimenti di allora e di oggi, limitandomi a brevi considerazioni sull’aspetto etico e morale  che ne emerge.  Vedo cosí che ancora una volta una donna si pose a testimonio e custode della sacralitá identitaria di un popolo, antesignana di quell’enfasi patriottica che, piú tardi, nel Risorgimento motivò molte donne a combattere ed immolarsi per l’unitá d’Italia identificate nella matrice giudaico-cristiana della sua storia e della sua cultura. Vedo che ancora una volta non sono i saccenti del “politically correct”  che nei salotti radical-chic delle grandi cittá pontificano ed imperversano nella loro visione negazionista dei valori identitari di un popolo, ma sono sfortunate comunitá di terremotati, esuli dalle loro case distrutte, che riaffermano il loro legame sociale nell’esigere la proprietà di quel vessillo. Sono genti di montagna che pur nell’atavica semplicità del loro vivere manifestano tutta la fierezza dell’appartenenza ad un mondo che non puó e non vuole rinunciare alle proprie radici.

L’esatto contrario dei postulati “dell’intellighenzia” italiana che conferisce all’anelito di identitá nazionale del suo popolo l’appellativo di nazionalismo, secondo costoro sinonimo di xenofobia e razzismo. Di quell’intellighenzia laica, qualunquista e nichilista, autodefinitosi progressista, che ci ha asservito ai burocrati di una Unione Europea amorfa e babelica, che favorisce ed implementa l’immigrazione di orde negroidi-islamiche nella ricerca di un ritorno politico-partitico; di quell’intelleghenzia clericale che con il buonismo ignorante di un Papa terzomondista ha permesso agli imam di recitare, sull’altare di Cristo, in un distorto spirito ecumenico, i versetti illiberali e violenti del Corano. Il Bergoglio Papa ha bestemmiato Dio sull’altare!

Vorrei che quel vessillo, quel simbolo di un Islam sconfitto, aprisse le menti e i cuori di tutti gli italiani che ancora credono nei valori della loro identitá e della loro cultura; vorrei che l’incombere della sharia sulle donne italiane ( figlie di quelle grandi italiane che contribuirono a fare l’Italia cristiana, liberale e democratica ) le motivasse ad insorgere contro l’Islam che le vuole intellettualmente inferiori all’uomo, soggiogate e subordinate all’uomo nei diritti civili, rassegnate alla perdita dei figli poiché in caso di separazione questi appartengono di diritto al padre, rassegnate a subire violenze fisiche (percosse) se disobbedienti o discordi ai voleri del marito, compiacenti nell’assecondare il marito nella scelta di piú mogli ed essere il suo piacere a sua scelta e discrezione tra le mogli, e tanto altro ancora che in questa sede non intendo ripercorrere avendolo giá fatto in precedenti articoli.

Vorrei che quel vessillo, testimonio di millenarie violenze contro l’occidente colpevole di non volersi assoggettare all’Islam teocratico che nell’attuazione della sua religione predatoria trucidava ovunque, fosse simbolo icastico per una riscossa volta a respingere il nefando comandamento coranico. La libertà di culto sia ammessa in Italia, ma nel rispetto e nell’osservanza assoluta delle nostre leggi e dell’ordinamento liberale e democratico che permea la nostra societá, figlia di un razionalismo laico che trascende ogni convincimento religioso ma fedele alle radici giudaico-cristiane della sua cultura.

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