I PAPI I SANTI LE TRAPPOLE – Atto 3°

 

I processi della “ Santa Inquisizione “ a carico delle streghe ed i conseguenti roghi che afflissero mezza Europa proseguirono per tutto il 1500, integrati con il non mai  diminuito fervore con il quale la Chiesa impiccava, decapitava, bruciava gli accusati di eresia. Nella sola Polonia, su una popolazione di 3.400.000 persone ne furono bruciate vive 10.000 accusate di stregoneria.

Una citazione a parte è doverosa riguardo all’inquisizione spagnola che ebbe il suo acme  dal 1400 al 1500 ma che rimase attiva fino al 1834. I cattolicissimi reali di Spagna, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia avevano ottenuto, anche grazie allo zelo dedicato nel processare gli eretici, dal Papa Sisto IV,  dal Papa Innocenzo VIII e dal Papa Alessandro VI  l’autorizzazione ad istituire in forma autonoma il tribunale d’inquisizione denominato: “Consiglio dell’Inquisizione Generale e Suprema “ .  Va precisato che mentre la regina Isabella era una bigotta devota cattolica, il consorte re Ferdinando strumentalizzava la religione per avere l’assoluto controllo sui propri sudditi volendo per di piú eliminare dai propri dominii le religioni islamica ed ebraica considerate eresìa. A questo suo disegno concorrevano logiche economiche ( bisognava fisicamente eliminare i banchieri ebrei e i finanziatori musulmani che avevano prestato ingenti capitali a suo padre  re Giovanni II di Aragona per consentirgli l’alleanza tra i reami di Aragona e di Castiglia ed il conseguente matrimonio di Ferdinando ed Isabella poiché, estinguendo i creditori si estinguono anche i debiti ) e logiche di comodo consistenti nel far giustizia per l’uccisione dell’Inquisitore Maggiore d’ Aragona, l’alto prelato Pietro d’Arbués ucciso nella cattedrale di Saragozza dai “ cristianos nuevos “  ossia dai congiurati “ cristiani convertiti con la forza “. Per inciso va detto che Pietro d’Arbués, feroce carnefice di quel tempo, è oggi venerato come santo e martire della Chiesa cattolica.

I reali di Spagna diedero quindi al frate domenicano Tomás de Torquemada, giá priore del convento della “ Santa Cruz “ di Segovia,  nel 1481 l’incarico di Inquisitore Generale, affidandogli il compito di scovare i “ conversi “ sia ebrei che musulmani che, pur essendosi forzatamente convertiti al cristianesimo continuavano ad officiare in segreto i riti della propria religione. Dal 1481 al 1492 furono processati oltre 13.000 conversi con relativa confisca dei loro beni a vantaggio della corona spagnola, fino al decreto di espulsione di tutti gli ebrei nel 1492 spogliati di tutti i loro averi. Gli espulsi emigrarono nelle colonie messicane ma anche qui venne istituita la  “Inquisizione Messicana” che, con l’appoggio dei “ Conquistadores “  determinò altri massacri, altri roghi.

In totale la “ Santa Inquisizione “ spagnola mise a morte, solo in Spagna, 32.000 persone delle quali 9.000 attribuite a Torquemada , ma molti studiosi attribuiscono a costui 135.000 decessi includendone 125.000 avvenuti in prigionia per le sofferenze e gli stenti. Dopo la morte di Torquemada avvenuta nel 1498  l’Inquisizione spagnola proseguì nella sua demoniaca opera di persecuzione ed uccisioni fino alla sua definitiva chiusura nel 1834.

Poiché le esigenze e le caratteristiche di un modesto blog non consentono una dettagliata disamina di eventi che hanno caratterizzato circa sei secoli di storia sono costretto a citare e descrivere solo personaggi ed accadimenti di primaria importanza, pur non sottacendo ed anzi evidenziando l’enorme numero di vittime che l’opera criminale della Chiesa ( in virtú della connivenza e della convenienza che le derivava nell’assecondare le politiche dei vari regnanti nell’Europa di allora ) fece mediante i tribunali della “ Santa Inquisizione “.

Quindi un particolare risalto deve essere posto alla vicenda di Giovanna d’Arco, nata il 6 Gennaio 1412 a Domrémy in Francia e morta sul rogo, accusata di stregoneria ed eresia, il 30 Maggio 1431 a Rouen  a soli 19 anni. Giovanna fu una figura di primo piano durante la guerra dei cent’anni che contrappose l’esercito del re di Francia Carlo VII alle mire espansionistiche del re d’Inghilterra alleato al duca di Borgogna Filippo il Buono. Gli eserciti inglese e Borgognone avevano messo in seria difficoltà l’importante cittá di Orléans che, circondata ed assediata rischiava ormai di cadere in mano inglese quando Giovanna,  a capo di un esercito affidatole da Carlo VII (non senza lunghi interrogatori da parte delle autorità ecclesiastiche) con una durissima battaglia ricacciò inglesi e borgognoni oltre la Loira: era il 27 Aprile 1429. Seguirono altre importanti battaglie nelle quali l’esercito di Giovanna  che ormai di lei si fidava ciecamente riportó continue vittorie.

Accadde peró che  nel corso della battaglia sotto le mura di Compiégne, Giovanna che come sempre era in mezzo alla mischia, il giorno 23 Maggio 1430 venisse tratta da cavallo, ferita e catturata dal Bastardo di Wandonnè, ufficiale agli ordini di Giovanni di Ligny vassallo del duca di Borgogna che a sua volta era al servizio del re d’Inghilterra.  Poiché Compiégne faceva parte della diocesi di Beauvais della quale era vescovo Pietro Cauchon, costui la riscattò pagando a Giovanni di Ligny  l’enorme somma di 10.000 tornesi ( era la somma prevista per il riscatto di un principe di sangue reale )  ed ottenendo dagli inglesi l’autorizzazione e l’incarico di processarla e giudicarla secondo il rito ecclesiastico. Durante la sua lunga prigionia, prima nella fortezza di Clairoix, poi nel castello di Beaulieu-Les-Fontaines, poi nel castello di Beaurevoir , infine nel castello di Rouen, fu sottoposta a lunghissimi estenuanti interrogatori volti a dimostrarne la stregoneria e l’eresia, sempre condotti dal Vescovo  Pietro Cauchon coadiuvato da monaci bigotti e fanatici. Fu sottoposta ad umilianti visite per controllarne la verginità. Fu accusata di stregoneria perché in battaglia indossava abiti maschili e relativa armatura, perché lei, donna, vinceva battaglie date ormai per perdute da famosi capitani, perché con il suo eroico esempio, nonostante le ferite, trascinava in battaglia migliaia di soldati entusiasti e vincenti. Fu accusata di eresia perché asseriva di sentirsi ispirata da Dio e protetta dagli Angeli, perché sul suo bianco stendardo era raffigurato Dio benedicente accanto al fiordaliso francese e con ai lati gli arcangeli Michele e Gabriele. Durante la prigionia Carlo VII per due volte tentó di organizzarne la fuga incaricando dell’operazione il di lei fedelissimo generale: il Bastardo d’Orléans, ma l’operazione per diverse concause fallí.  Giovanna nel 1430 si rivolse al Papa Martino V e nel 1431 al neo eletto Papa Eugenio IV senza averne risposta alcuna. Il 4 Maggio 1431 Giovanna d’Arco bruciava viva sul rogo voluto dal Vescovo Pietro Cauchon in ossequio alle commistioni Chiesa – Regno Inglese.  Nel 1456 il Papa Callisto III a seguito di una ulteriore inchiesta sconfessò il processo dichiarandone la nullitá. Nel 1920 Giovanna fu canonizzata dal Papa Benedetto XV e proclamata santa, patrona di Francia.

Altro martire della “ Santa Inquisizione “ fu Girolamo Savonarola, frate domenicano, che dopo la cacciata dei Medici da Firenze propugnò un modello teocratico per la Repubblica Fiorentina. Famose e violente furono le sue prediche contro la corruzione della Chiesa, le ricchezze in essa accumulate, l’amoralitá dei Papi e dei sacerdoti: il 24 Febbraio 1496 dal pulpito di Santa Maria del Fiore in Firenze accusò la Curia romana dicendo: “ Noi non diciamo se non cose vere, ma sono li vostri peccati che profetano contra di voi….noi conduciamo li uomini alla simplicitá e le donne ad onesto vivere, voi li conducete a lussuria e a pompa e a superbia, ché avete guasto il mondo e avete corrotto li uomini nella libidine, le donne alla disonestà, li fanciulli avete condotto alle soddomie e alle spurcizie fattoli diventare come meretrici”. In toni simili si era giá espresso dai pulpiti della Collegiata di San Gimignano, del monastero di Santa Maria degli Angeli a Ferrara, di chiese e monasteri a Mantova, Piacenza, Modena, Brescia , Genova. Il 19 Aprile 1489 Lorenzo de’ Medici su suggerimento di Pico della Mirandola ( noto amico del Savonarola )  richiese al “Generale dei frati predicatori” la presenza del Savonarola a Firenze ove rimase dal 1490 al 1498. Il 1° Agosto 1490 predicando in San Marco sul tema dell’Apocalisse accusò governanti, clero, filosofi e letterati e disse: Niente di buono è nella Chiesa….dalla pianta del piede fino alla sommità non è santità in quella “. Il 6 Aprile 1491 a Palazzo Vecchio, davanti alla Signoria ed allo stesso Lorenzo il Magnifico affermò che il bene e il male d’una cittá provengono dai suoi capi, ma essi che sono superbi e corrotti, sfruttano i poveri, impongono onerose tasse, battono moneta falsa. Lorenzo ripetutamente lo diffidò dal tenere simili prediche, ma inutilmente Alla morte del Papa Innocenzo VIII il 25 Luglio 1492 (fino ad allora la Chiesa di Roma si era limitata a sporadici richiami) fu elevato a pontefice il cardinale Rodrigo Borgia che prese il nome di Alessandro VI la di cui vita dissoluta, amorale e fariseica fu insistentemente denunciata dal Savonarola nelle sue prediche e nei suoi scritti. Morto Lorenzo de’ Medici il 5 Aprile 1942 gli successe Piero de’ Medici che, in contrasto con i sentimenti filo francesi dei fiorentini ( regnava allora in Francia Carlo VIII d’Angió ) appoggiava gli aragonesi del re spagnolo Ferdinando II d’Aragona. Il Savonarola, per essersi troppo esposto nelle controversie sorte tra Firenze, il re Spagnolo, il re Francese e il duca di Milano Ludovico Sforza detto il Moro, tutti invischiati in equivoche trame di stato con il papato di Alessandro VI ed i loro frequenti voltafaccia, presto cadde in disgrazia anche perché ad una equivoca offerta del Papa per la nomina a cardinale, rispose, nella predica tenuta nella Sala del Consiglio, alle presenza della Signoria: “ Non voglio cappelli, non voglio mitrie grandi o piccole, voglio quello che hai dato ai tuoi santi: la morte. Un cappello rosso, ma di sangue, voglio ! “. Fu scomunicato dal Papa Alessandro VI il 12 Maggio 1497 ma il frate la ignorò sostenendo che era falsa ( e forse lo era perché pare che fosse stata redatta da un falsario assoldato da Cesare Borgia, il figlio prediletto del Papa ) e reagí con prediche forse ancor piú violente contro la corruzione ed i vizi della Chiesa. La Repubblica Fiorentina  inizialmente lo sostenne ma poi, per timore dell’interdizione papale ( giá minacciata in precedenza ) gli tolse l’appoggio.

Nel 1498 venne arrestato e processato per eresia, rinchiuso in una cella nella torre di Arnolfo, a lungo interrogato e torturato col supplizio della corda e del cavalletto che gli procurarono lussazioni in tutto il corpo e del fuoco sotto i piedi. In fine fu condannato ad essere impiccato e bruciato sul rogo in Piazza della Signoria con i suoi due fedeli confratelli Domenico Buonvicini  e Silvestro Maruffi.  Il 23 Maggio 1498 i tre religiosi furono condotti al patibolo, impiccati e bruciati. Tra le ceneri,  nottetempo, gentildonne fiorentine travestite da serve rinvennero un dito bruciacchiato ed il collare di ferro che aveva sostenuto il corpo del Savonarola, tutt’ora conservati a Prato nel monastero di San Vincenzo. Il luogo dell’esecuzione, al mattino seguente, apparve tutto coperto di fiori, di petali di rose, di foglie di palma.

L’arcidiocesi di Firenze ha avviato il 30 Maggio 1997 la causa della sua beatificazione.

Il seguito in un prossimo articolo.

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