I PAPI I SANTI LE TRAPPOLE – Atto 2°

 

Il manuale “Malleulus maleficarum” dei due Inquisitori Heinrich Institoris e Jakob Sprenger fu approvato nel 1487 dal consiglio dei teologi di Colonia, nonostante fosse un coacervo di superstizioni, pulsioni misogene,  pretese teologiche, che solo menti fanatiche e bigotte potevano partorire. In essi, un pensiero, un assioma: “ Che cosa è la donna se non un nemico dell’amicizia, una inevitabile punizione, un male necessario, una tentazione naturale ?“ Con questa affermazione, ottusa la mente dal persecutorio disegno omicida, la Chiesa non si rese nemmeno conto di offendere Maria, la madre di Gesú Cristo.

Un altro monaco inquisitore, Nicolau Eymerich, scriveva nel suo apprezzatissimo  “ Manuale degli Inquisitori “: “…Bisogna ricordare che lo scopo principale del processo e della condanna a morte non é salvare l’anima del reo, ma terrorizzare il popolo “.

Non si puó tuttavia iniziare la trattazione della caccia alle streghe senza prima brevemente accennare alla persecuzione dei Cátari e dei Valdesi iniziata intorno al 1130 su volere del Papa Innocenzo III e proseguita per secoli accomunandone la sorte a quella delle streghe..

Intorno al 1173-1176 un ricco mercante di Lione di nome Valdesius ( chiamato Valdés nella lingua popolare ) ma poi diventato Pietro Valdo, abbandonati agi e ricchezze, iniziò a diffondere la conoscenza delle sacre Scritture ed a predicare la povertá secondo la parola di Cristo, raccogliendo intorno a sé uomini e donne che nel suo esempio avevano optato per questa testimonianza di fede. Vennero quindi denominati “ I Poveri “ dichiarando essi che come Poveri in spirito “  non volevano cambiare la fede cristiana ma, al contrario, riviverla nella sua originaria genuinità. Rimasero laici, non costituirono un ordine religioso, non entrarono in convento, non fuggirono le moltitudini isolandosi nei deserti come anacoreti, ma rimasero cittadini in Lione ove formarono una “Societas” cioè un gruppo di amici accomunati nell’opera missionaria. Non ebbero mai un capo poiché il loro capo, unico e solo, era Gesú e nessuno lo poteva sostituire. Si presentarono al Concilio Laterano in Roma nel 1179 ricevendo l’approvazione dei Padri Conciliari e dello stesso Papa  Gregorio VII. In quello stesso concilio peró i vescovi di Linguadoca e Provenza denunciarono il diffondersi nella loro comunitá ecclesiale di un fenomeno religioso sospetto: i Cátari.

I Cátari  (dal greco: Katharos=puro) erano un movimento di tipo evangelico aperto ad intuizioni filosofiche dualistiche asserendo che: “Nel mondo è in atto una battaglia tra il bene e il male ed i credenti devono parteciparvi rinunciando a tutto ció che è materiale, cioè male”. Il catarismo diviene una comunitá religiosa vera e propria, con i suoi ministri, i suoi libri sacri, le sue cerimonie religiose, in aperto conflitto con il lusso del clero ed il potere della Chiesa, costituendo quindi per essa grave pericolo. Nel 1208, dichiarata l’eresia dei Cátari (detti anche Albigesi, dalla loro cittá Albi ) si scatena contro di essi una vera e propria crociata repressiva e, da quel momento l’eliminazione fisica di ogni eretico, sia esso religioso o politico o culturale e di chiunque dissenta dalla politica del potere ecclesiastico, diviene pronunciamento teologico, avvalorato dal Concilio Laterano del 1215 . La Linguadoca e la Provenza per oltre un ventennio furono teatro di torture, di pene capitali, di roghi fino alla totale distruzione dell’eresia Cátara. In questo frattempo i seguaci di Pietro Valdo, ormai definiti Valdesi, che rimproveravano alla Chiesa di Roma il culto del potere, il lusso, la corruzione dottrinale ìnsita nel culto dei santi e delle reliquie, il suffragio per i morti e quindi il peccato di simonía, divengono essi stessi oggetto di dura repressione, culturale e politica. Al Concilio di Verona del 1184 i vescovi francesi ottengono di includere il movimento valdese tra i condannati e, nel 1190 il vescovo di Narbona li condanna per manifesta eresia. Il re Alfonso d’Aragona, regnante anche in Provenza, li esilia dai suoi stati e il vescovo di Toul dispone che siano arrestati e processati nei suoi tribunali. Chiesa ed impero alleati per il potere. Tuttavia il movimento riformatore valdese si era ormai espanso e dalla originaria Provenza e Linguadoca si era esteso oltr’Alpe, in Piemonte, Lombardia, in Emilia nel Piacentino, accomunando la coscienza escatologica dei lionesi con il realismo dei Lombardi.

L’azione repressiva indetta dalla Chiesa di Roma andó via via intensificandosi verso il 1250 fino a raggiungere nel 1300 enormi proporzioni con 11 condanne a morte a Vienna. Il vescovo Neumeister viene giustiziato a Himberg. La repressione raggiunge peró il suo acme nel 1380 ad opera degli Inquisitori Martino da Praga e Pietro Zwicker che in Baviera, ad Erfut, ed a Brandeburgo disseminano morti tra impiccagioni e roghi, ed a Stettino dove istruiscono un colossale processo contro 400 sospetti di eresia.  Proseguono poi la loro opera omicida nel 1395 in Stiria, nel 1397 a Bamberga, nel 1401 in Ungheria a Sopron e nel 1404 a Buda.  Vengono anche mandati in Svizzera dove a Berna costringono all’abiura 130 Valdesi accusati di eresia, ed a Friburgo nel 1399 circa 50 Valdesi sono costretti all’abiura. Negli anni di fine 1300 i Valdesi rinvigoriscono la loro fede attingendo alle predicazioni di Wyclif e di Hus ed ispirandosi ad una chiesa cristiana alternativa a Roma, fondata non sul diritto e l’obbedienza, ma sull’evangelo e la fraternità. Questo li esporrà a durissime rappresaglie e persecuzioni: la guerra di Carlo I nel 1484 sul  versante italiano, e la crociata del legato papale Alberto Cattaneo negli anni 1487-1489 con l’appoggio dei sovrani Carlo VIII e Filippo di Savoia., sul versante Francese. I Valdesi in fuga si rifugiano nelle impervie vallate dell’Argentiére e della Vallouise, nelle grotte, ma qui vengono stanati e massacrati  come nella caverna “barme Chapelue” ove molte decine di donne e bambini vengono soffocati e bruciati vivi.

Regnando sul trono di Francia  Francesco 1° di Valois dal 1515 al 1547, a danno dei Valdesi fu perpetrato nel 1545 uno dei più orrendi massacri della loro storia, come descrive Voltaire ( il grande filosofo, storico francese ) vissuto dal 1694 al 1778 quindi in epoca assai vicina agli accadimenti da accreditarne vivissima la memoria storica. Scrive Voltaire nel suo “Trattato sulla Tolleranza” descrivendo la strage del 1545. “ Poco prima della morte di Francesco I° alcuni membri del Parlamento di Provenza sobillati da alcuni ecclesiastici di Mérindol e di Cabrières chiesero al re dei soldati per appoggiare l’esecuzione di diciannove persone di questi paesi, da loro condannate. Invece ne fecero sgozzare seimila, senza risparmiare né donne, né vecchi, né bambini, ridussero in cenere trenta villaggi. Queste popolazioni fino allora sconosciute, avevano il torto, senza dubbio, di essere Valdesi: era questa la loro malvagità.  Da trecento anni vivevano in deserti e montagne che avevano reso fertili con un lavoro incredibile. La loro vita pastorale e tranquilla ricordava l’innocenza attribuita alle prime età del mondo. Le cittá vicine non erano conosciute da loro che per i prodotti che vi andavano a vendere, ignoravano i processi e la guerra. Non si difesero: furono sgozzati come degli animali che si spingono in un recinto e si uccidono “.

Occorre a questo punto precisare che il pretesto che innescava le denunzie ed i processi per eresia andava a vantaggio della Chiesa, del Comune, dello Stato ed  era in buona parte dovuto a dei casi di proprietà che investirono via via: cátari, valdesi, ebrei, giudei, musulmani, protestanti luterani, induisti, sodomiti, alchimisti, streghe, medici, atei, oppositori politici, filosofi, scienziati, tutti destinati al rogo con la motivazione che l’eretico “ non puó possedere beni, che invece sono della Chiesa che non lo spoglia bensí si riprende ció che è suo “ confiscando ogni ereditá anche ad eventuali figli cattolici. La ripartizione dei beni confiscati era di 1/3 agli Inquisitori, 1/3 alla Chiesa, 1/3 al comune o alla cittá o allo stato. Come sempre: “Divide et impera”.

Necessita ora ritornare ai due Inquisitori Heinrich Institoris e Jakob Sprenger che ebbero a lamentarsi con il Papa Innocenzo VIII per l’oppoisizione incontrata nel sud della Germania alla loro fanatica ed indiscriminata persecuzione delle streghe. Il Papa, il 5 Dicembre 1484 in risposta emanó  la bolla “ Summis desiderantes affectibus “ approvando l’operato dei due e dando loro il suo santo appoggio per contrastare l’operato delle streghe che cosí elencava: “…uccidono il bambino nel ventre della madre, cosí come i feti delle mandrie e dei greggi, tolgono la fertilità ai campi, mandano a male l’uva delle vigne e la frutta degli alberi; stregano gli uomini, donne animali da tiro, mandrie, greggi ed altri animali domestici; fanno soffrire, soffocare e morire le vigne, piantagioni di frutta, pascoli, prati, grano e altri cereali; inoltre perseguitano e torturano uomini e donne attraverso spaventose e terribili sofferenze e dolorose malattie interne ed esterne; e impediscono a quegli uomini di procreare e alle donne di concepire…”.

All’inizio del 1500 con l’approvazione del Vaticano ed a seguito delle circolari papali emesse dai Papi: Alessandro VI  (alias: Rodrigo Borgia) – Giulio II (Alias: Raffaele della Rovere ) – Adriano IV (alias: Nicholas Breaspear ) gli Inquisitori di Francia, Germania, Italia, avviarono una violenta campagna di persecuzione contro quella che fu definita  la “ Setta delle Streghe “, suffragati dalla lettera di Papa  Alessandro VI che raccomandava all’Inquisitore di Lombardia Angelo da Verona di “Procedere piú duramente contro le tante streghe della zona che rovinano le persone, gli animali ed i raccolti” .Il senato della serenissima Repubblica di Venezia protestó per l’operato delI’Inquisizione che aveva mandato al rogo 70 streghe in Valle Camonica e che sospettava che altre 5000 facessero parte della setta satanica, ma il Papa Leone X emanó nel 1521 la bolla “Honestis petentium votis” nella quale minacciava di scomunica le autorità civili che si opponessero ai roghi delle streghe condannate dal Santo Uffizio, e per dare una svolta piú severa ai processi affiancò ai vescovi ed agli inquisitori il vescovo Altobello Averoldi: in soli 10 anni vennero bruciate vive oltre 3000 streghe.

L’estrema indigenza, il lavoro durissimo su quelle montagne, la fame e la mancanza di cure, determinavano per quelle miserevoli popolazioni l’insorgenza di gravi malattie e malformazioni  (gozzi, gobbe, storpiaggini) che ne abbruttivano l’aspetto e questo bastava ad identificarle come streghe. Vale la pena di riassumere, a titolo di esempio, la lettera che il giurista bresciano Alessandro Pompeo scriveva il 28 luglio 1518 a Giovanni Giustiniani, avendo assistito a torture e processi. « Queste bestie eretiche hanno electo uno monte, el qual se chiama Monte Tonale, nel qual se reduseno ad foter e balare, qui afirmano che non trovano al mondo nihil delectabilius et che onzendo un bastone, montano a cavalo et eficitur equus, sopra il quale vanno a ditto monte et ibi inveniunt el diavolo, quale adorano per suo Dio et signore, et lui ge dà una certa polvere, con la quale dicte femene et homeni fanno morir fantolini, tempestar, et secar arbori et biave in campagna, et altri mali, et butando dicta polvere sopra uno saxo, si speza. ». Nel corso dei processi del 1518 una donna di cinquant’anni, chiamata Onesta, confessò di essersi più volte recata al Tonale cavalcando una capra. Lassù la donna avrebbe imparato a scatenare le tempeste e, dopo aver reso omaggio al Diavolo assiso in trono, avrebbe ricevuto una polvere magica per far morire le persone. Onesta raccontò poi di banchetti antropofagi ai quali partecipava una gran quantità di gente. Pur di far cessare le indicibili sofferenze della tortura, l’inquisito confessava qualsiasi imputazione gli fosse rivolta.

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