I GIOVANI D’OGGI

Traggo lo spunto da una discussione tra amici sulla gioventù contemporanea per fissare i capisaldi del mio ragionamento.

Grosso problema questo perchè i giovani d’oggi (come quelli di tutti i tempi) non sono e non vanno intesi come una entità a se stante, ma vivono ed agiscono in una società  nella quale l’arrivismo sociale, la speculazione e la strumentalizzazione politica, la noncuranza, l’immoralità, costituiscono i caratteri predominanti.

Vediamo l’arrivismo in seno alla stessa famiglia, la speculazione politica in ogni manifestazione della vita sociale, la noncuranza ovunque dei diritti e dei problemi del prossimo, l’immoralità dilatata ben oltre il vizio, il tutto nel nome di una modernità e di un progresso che non solo offendono i valori fondanti dell’umana dignità, ma anche rinnegano le tradizioni  identitarie e storiche della società.

Ritengo quindi che prima di giudicare i giovani d’oggi bisognerebbe giudicare con severità inflessibile tutte le società della terra, spogliato che si sia il giudice da ideologìe e preconcetti, usando il metro della ragion pura nell’unico rapporto logico e valido tendente alla “società perfetta”.

Detto questo e premesso ancora che un discorso critico sui giovani d’oggi non preceduto e quindi mancante degli esiti di uno studio comparativo giovani-società intimamente correlati perchè interagenti, risulterà difficilmente attendibile o, quanto meno, male equilibrato nel suo contesto logico,  passo a considerare l’essenza del problema.

A mio avviso un uomo è veramente tale ed attendibile solo al raggiungimento della sua autosufficienza ed al suo equilibrio morale-intellettivo, vivendo ed operando inscindibilmente inserito nella società, libero nella misura in cui la sua libertà e il suo diritto non ledono la libertà ed il diritto altrui, ma contribuiscono alla valorizzazione del patrimonio materiale e morale collettivo, base di effettivo progresso.

Ritengo quindi che il lavoro, pur necessario alla sussistenza e sopravvivenza fisica dell’uomo e quindi alla sua autosufficienza, pur dandogli coscienza della dignità derivante dalla responsabilità produttiva in seno alla società, non sia in alcun modo scindibile dall’intima necessità di incremento culturale, proprio per quell’esigenza di perfettibile che attraverso i secoli ha creato la civiltà e alimentato il progresso.

Allo stesso modo lo studio inteso come attività a se stante e fine a se stessa, a nulla collegata nè da altro integrata, non può valorizzare l’entità “uomo” perchè non lo rende partecipe nella vita responsabile e costruttiva della società.

A questo punto andrebbe inserita un’ampia valutazione critica su una società positivamente protesa al progresso pur nel rispetto delle tradizioni fondanti ed identitarie, sull’interdipendenza tra tecni cismo, studi umanistici, solidarietà sociale, libertà, discorso da demandarsi ad altra sede, ragion per la quale, rotti gli indugi e ristretto il campo d’osservaziome, fermerò il ragionamento sui giovani d’oggi nell’Italia di oggi.

Il primo principio fondamentale enunciato come base della “Costituzione Italiana” testualmente recita: “l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro”. Ne deriva, analiticamente, che chiunque non appartenga al mondo del lavoro ed alla conseguente retribuzione non può godere del diritto costituzionale di partecipare alle problematiche del lavoro, siano strutturali, sindacali o politiche.

Ergo, lo studente, fin tanto che non sia in grado di provvedere direttamente e personalmente ai suoi studi ed alla sua sopravvivenza grazie ad una retribuzuione da lavoro, non ha diritto alcuno di interferire nel mondo del lavoro ed in particolare nelle diaspore politiche e sindacali.

La speculazione politica naturalmente ben lontana dal valutare con onestà e serietà diritti e doveri, si avvale largamente dell’inesperienza, dell’immaturità, dell’emotività degli studenti, spudoratamente strumentalizzandoli per i propri intrallazzi, dolorosamente, nel mondo del lavoro.

L’arrivismo non concede tempo al colloquio tra genitori e figli, occupati come sono i primi nella scalata alle friabili posizioni sociali, all’accumulazione di instabili tesori.

La sottovalutazione o la noncuranza dei problemi sociali dei giovani, per non parlare dei loro problemi  esistenziali, da parte delle famiglie e della scuola, crea nell’animo giovanile un inconscio desiderio di rivalsa, di ribellione, alimentato dal vuoto sentimentale nel quale l’acerba e potente affettuosità giovanile teme e sente di affogare. Ne derivano contestazioni spesso ingiuste, prese di posizione intransigenti ed illogiche, violenze.

La volgarità e l’immoralità spesso presenti nell’odierna letteratura e le stesse manifestazioni pseudo- culturali, nulla avendo dell’originalità e della classe di un “Decamerone” ma  solo rivelando il gusto morboso della ricerca della sconcezza nello sciocco tentativo di una illusoria innovazione, offuscano nell’aperto animo giovanile il gusto del bello, imbastardendolo e confondendolo nel fango del trivio in nome della modernità.

Nel mondo del lavoro, spesso mancando ai giovani l’indispensabile base culturale e l’allenamento alla critica razionale ed all’analisi critica delle situazioni contingenti (allenamento nel quale dovrebbero essere favoriti gli studenti), ed avvertendo essi anche inconsciamente il disordine ed il contrasto morale tra le file dei più fortunati coetanei, il serpe latente della ribellione divora col fuoco dell’estremismo, dell’anarchia, del nihilismo, ogni barlume d’intelligenza, ogni possibilità di colloquio e di democratica convivenza.

La pretesa di molti giovani di giudicare e condannare la società che li circonda, dimenticando o non valutando i secoli di storia tormentata e sofferta, il patrimonio delle tradizioni ed i valori culturali ed artistici conquistati giorno per giorno, il grido angoscioso dei reietti riscattati dall’umanità e dall’amore profondo degli eroi, tutte espressioni tangibili d’una società in fervente progresso, denuncia l’improcrastinabile necessità di un acculturamento vero, scevro da ideologìe e strumentalizzazioni, di una guida psicologica sicura.

Nessuno potrà mai fermare il progresso della società umana o fiaccarne inguaribilmente gli impulsi e i principii, perchè e proprio dell’uomo il guardare più in alto nell’affermazione cosciente e feconda della propria dignità di essere libero e raziocinante, ma una gioventù confusa e mal guidata può rallentarne il cammino.

Abbia ognuno il posto che gli compete e i giovani d’oggi, avulso l’animo da sentimenti di lotta e critica distruttiva, imparino l’autodisciplina e l’autocritica fondando i motivi della loro contestazionesulla ricerca dei valori umani, storici, illuminati da una grande verità: il rispetto del prossimo.

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