HOMO HOMINI LUPUS

Questa celebre locuzione di Giovenale si attaglia benissimo, in ogni tempo all’uomo e ne scolpisce, con marmorea evidenza, intenti ed azioni nella predatoria pulsione di istinti, consci ed inconsci, manifesti o segreti, che ne scandiscono l’esistenza. La dicotomica espressione della natura umana si manifesta in tutta la sua ambiguitá nella seconda parte di quella locuzione: “…HOMO HOMINI DEUS “ in un coacervo di potenzialitá talvolta perverse, talvolta sublimi che la stessa indagine escatologica fatica ad interpretare. Quotidianamente la cronaca ci fornisce esempi di impensabile ferocìa ma anche di eroica abnegazione che pongono profondi interrogativi sul conflitto metafisico tra il bene ed il male e sull’origine di questi nella psiche umana. I credenti spiegano l’enigma con influenze demoniache in lotta e contrasto con la parola di Dio, i non credenti per lo piú si affidano alle intuizioni di Darwin per l’affascinante tesi del “retaggio atavico” nella teoria dell’evoluzione ed al razionalismo di Voltaire che dell’illuminismo fu protagonista indiscusso.

Le intuizioni filosofiche di Cartesio nella riflessione sulla soggettività dell’ Io e l’ausilio del metodo matematico anche nella ricerca metafisica, il pensiero di Einstein nella teoria della relatività coniugante scienza e filosofia, hanno aperto infiniti orizzonti all’indagine escatologica nel tentativo di raggiungere la veritá dell’essere, l’essenza dell’uomo, ma non essendo piú bastevole il cartesiano “ Cogito ergo sum “ il traguardo si dimostra sempre lontano e la stessa psicoanalisi di Freud , in sintesi, finisce a mio avviso, col creare piú interrogativi che certezze.

In una visione realistica, anche se semplicistica, oggi assistiamo a un crescendo di violenza apparentemente in antitesi con l’aumentato benessere, con il progresso sociale e culturale dei popoli, particolarmente evidenziabile con il raffronto e la comparazione tra la consistenza demografica attuale e quella di altre precedenti epoche storiche. Tanto piú se si vogliano esaminare ed indagare gli effetti impattanti di un progresso che impone ritmi di vita non piú a misura d’uomo, rendendolo schiavo del suo stesso arrivismo. Ne conseguirebbe una snaturizzazione del suo essere che lo porterebbe a un piú o meno conscio desiderio di ribellione ponendo in risalto il suo connaturato istinto predatorio. Cosa tanto piú grave ed evidente quanto piú si accertino carenze culturali ed educative atte ad autosopprimerlo: non si dimentichi che l’animale-uomo è il piú potente predatore esistente ed egli preda nei tre regni, animale, vegetale, minerale. È evidente che, a livello globale, l’esponenziale incremento demografico togliendo spazio vitale all’animale-uomo ed anzi costringendolo a troppo affollate convivenze produce nei singoli, fastidio, insofferenza, aggressivitá che nella manifestazione violenta estrinsecano la primordiale animalitá della materia vivente.

Materia vivente in continua evoluzione, piena di contraddizioni, desiderosa di raggiungere l’autoconoscenza mediante un acculturamento tecnicistico ed umanistico che la eleva al di sopra di ogni altra forma animale, tuttavia rivelando pur sempre il fascino ed il richiamo della sua primordialitá , nel bene e nel male. La vita è un inno alla materia vivente, all’uomo, al suo essere materia e spirito, ragione e senso: Giosué Carducci, nel suo “ Inno a Satana” (che non è un inno allo spirito del male come in un primo tempo la Chiesa volle far credere, ma un inno alla natura umana, alle sue pulsioni, ai suoi richiami, ai suoi affanni ed ai suoi entusiasmi) percorrendo poeticamente il divenire dell’uomo nel tempo e nella storia ne scolpisce l’essenza con affascinanti riferimenti tutti tesi a dimostrare la dipendenza dell’uomo dalla materia costituente che, sempre, in tutte le fasi storiche dell’umano progresso ne è stata il fine ed il mezzo.

Ora, tornando piú direttamente al tema, non puó mancare un’analisi critica sulle misure arginanti che i detentori del potere potrebbero porre, ma non lo fanno o malamente lo fanno, per limitare l’insorgere delle azioni violente e, all’opposto, per implementare il desiderio e il richiamo ad alti valori etici e morali pur sempre latenti, ma sonnacchiosi, nell’essere umano. La locuzione di Giovenale ( visse dal 55 al 130 dopo Cristo e divenne celebre per le mordenti satire che impietosamente flagellavano la corrotta societá romana ) nella sua seconda parte ne enuncia l’assioma pragmatico. Ogni uomo puó essere Dio ( eufemisticamente ) per un altro uomo quando la sua opera ne esalti e valorizzi la dignitá e la vita.

Il disumano ritmo di vita delle metropoli nelle quali si accalcano moltitudini di umani in perpetua frenetica competizione, prodromico ad esplosioni di violenza talora generata da futili motivi, puó essere edulcorato e reso accettabile solo se l’acculturamento umanistico e l’educazione sociale alla collaborativa esistenza avranno ruolo primario nella didattica scolastica. Cosí pure l’educazione impartita dai genitori ai figli avrá successo se basata sul rispetto delle persone e dei ruoli nel convincimento che la libertá di ognuno finisce ove inzia quella dell’altro, cosí come la certezza che la profusione di denaro per togliersi di torno il fastidio di adolescenti imbronciati e pretenziosi sará certa rovina per il loro futuro e, verosimilmente creerà dei lupi. La cultura che affina i sentimenti e ingentilisce l’animo, sola, potrá elevare l’uomo al di sopra della sua animalità pur non disconoscendone l’ascendenza.

“ Fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza “
( Dante: Inferno – Canto 26° – 8° bolgia )

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