Fusinato: “IL GIALLO E IL NERO”

Questa poesia, pubblicata clandestinamente nel 1863, fortemente antiaustriaca costó al Fusinato parecchie noie da parte della polizia che, avendola messa al bando, ne aveva proibito la pubblicazione: le ripetute allusioni ai colori giallo e nero della bandiera austriaca, considerate irriverenti, unite ai toni, alle citazioni e ai contenuti del testo poetico
ritenuti d’ispirazione eversiva, e alla sua attività di riorganizzazione dei comitati dei patrioti veneti, nell’agosto del 1864 costrinsero il Poeta a riparare, profugo, a Firenze.

La poesia, in un rapido “escursus” dei fatti storici politici e bellici compresi tra il 1848 e il 1863, prende le mosse dagli articoli pubblicati dal “ Corriere di Francia “ che plaudeva alla spartizione del Lombardo-Veneto assegnando quest’ultimo all’Austria, con la conseguente allegrezza del governo di Vienna e del frastornato governatore della Stiria von Bienerth-Schmerling che giunse a ipotizzare per Venezia un illusorio e fantomatico statuto. Il severo sguardo critico del Poeta si sofferma sulla succube accettazione di quella odiata bandiera, di quei colori, giallo e nero che imbrattano finanche la moda del vestire femminile, dimentico del “ bianco, del verde, del rosso “ in precedenza ampiamente profusi, e degli ostentati monìli raffiguranti il Re Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi, ormai fuori moda: Dio non voglia, si augura il Poeta, che vengano sostituiti dall’effigie del re austriaco Francesco Giuseppe d’Asburgo. Ma subito l’entusiasmo del Fusinato prorompe commosso al rivivere l’impresa dei Mille di Garibaldi, alla liberazione di Palermo, ed al ritorno del colore rosso nel vestire degli italiani. Questa nuova moda, tuttavia, racchiude il fomite, l’istigazione ( bello è l’accostamento alla mitologica leggenda greca del centauro Nesso nella tragedia di Ercole e Deianira ) all’avversione al Papa Pio IX, detta “ Papa-fobia “ causata dal voltafaccia di costui il 29 Aprile 1848 da molti percepita come tradimento, quando ritirò l’esercito Pontificio inizialmente schierato contro l’Austria cosí favorendone la guerra d’occupazione. Neppure manca una caustica critica all’ambigua politica del presidente del Consiglio dello stato Piemontese, Urbano Rattazzi, responsabile della fermata imposta a Garibaldi nella sua azione in Aspromonte, con grande compiacimento del ministro degli esteri francese Edouard Drouyn de Lhuys ( giá repressore dei moti insurrezionali della Repubblica Romana ) gratificato dal “ Benedicite “ del Papa Pio IX. Ne consegue, dice il Poeta, un ritorno della moda al nero ed al giallo, a seguito dell’intesa di spartizione dell’Italia ed in particolare del Lombardo-Veneto tra Francia e Austria. Un nero e un giallo beffeggiati dal poeta bardo Giovanni Berchet nelle sue poesie epico-elegiache, (alla romanza “ Matilde “ qui si riferisce il Fusinato ) ora vergognosamente dimenticate dalle donne d’Italia che liete s’adornano del giallo colore della bandiera Vaticana e del nero, lugubre colore del boia. Fusinato marchia d’infamia la moda che impone quei colori esecrati fin tanto che in Venezia s’annidino gli autori della sua morte, finché in Italia si vedano le divise austriache.

Nell’esortazione finale alla rivolta perché l’Italia si riprenda gli ultimi brani del suo legittimo territorio, il Poeta, qualora questo avvenisse, si dichiara disposto non solo ad adeguarsi alla moda del giallo e del nero, ma anche a manifestare una mentalità “codina” ovvero reazionaria e retrograda apponendosi alla nuca “ due braccia di coda “. Non gli importa l’umiliazione personale purché l’Italia trionfi nella libertá e nell’indipendenza.

IL GIALLO E IL NERO
COLORI DI MODA

Parlato ha l’oracolo che dei Figurini
Presiede ai destini !
Degli alti decreti fedel messaggiere,
Di Francia il Corriere
Impugna il frustino, si gitta a cavallo
E il regno proclama del nero e del giallo.

Ai subiti onori, che il mondo le appresta,
A Vienna gran festa !
Le note di Banco con rapido salto
Rimontano in alto,
E Schmerling dal giubilo smarrito, perduto,
Promette a Venezia … perfin lo Statuto.

La fracida e sbircia coccarda d’Asburgo
Intuona il resurgo;
E, tutti scordando gli oltraggi patiti
Nei tempi fuggiti,
A fresco ritinta si slancia ed invade
Del mondo galante le vaste contrade.

Smettendo gli scrupoli dei vecchi rancori,
Ai nuovi colori
Anch’essa l’Italia tributa l’omaggio
Del suo vassallaggio,
E dalla moderna vertigine attratta,
Di giallo e di nero le vesti s’imbratta,

Or sono cinque anni, l’usanza del dì
Non era così:
Ben altri colori tingeano le gonne
Dell’itale donne !
Allora del bianco, del verde, del rosso
Commercio in Italia, commercio all’ingrosso.

Allora la triade de patri colori
Sui nastri, sui fiori;
Allor sulle spille, sugli aurei monili
Di tante gentili,
Cerchiati in brillanti, rubini e smeraldi,
Il Re Galantuomo, Cavour, Garibaldi.

Oh! il cielo non voglia che il vostro poeta
Diventi profeta
Ma se procediamo di questo galoppo
Vedremo pur troppo
Dell’Itale donne sul cinto elegante
Brillar di Franz Joseph l’augusto sembiante.

O patri colori ! Dal mobile sesso
Dimentichi, adesso
Tra i fiori ammuffati di qualche negozio;
Marcite nell’ozio;
E sol tratto tratto nei giorni di gala
Guizzate tra i lampi di qualche Bengala.

Però il giallo-nero non giunse sì tosto
A togliervi il posto.
Fra i canti di gioia, la vostra compita
Effimera vita,
A tinte men fosche del giallo e del nero,
O patri colori, cedeste l’impero.

De’ vostri trionfi legittima erede,
È allor che si vede
Nel ciel della Moda la tinta cruenta,
Spuntar di Magenta,
E fido satellite le vien davvicino
II caldo e vivace color Solferino

Ma suonano a stormo le sicule squille
Al grido dei Mille:
Già l’orde borboniche non trovan più schermo …
Risorta é Palermo !
E tutta l’Italia festante,commossa
Ai fianchi si allaccia la. tunica rossa.

Ma in questa novella camicia di Nesso
Rinchiuso, compresso,
Serpeggia serpeggia il fomite ardente
D’un morbo latente;
Il morbo che Italia più tardi colpia
Il morbo chiamato la Papa-fobia.

Il nostro magnanimo, che, fa qui in Italia
Le veci di balia,
Conifìda la cara sua bambola in mano
Del celebre Urbano,
Che, ligio ai consigli del suo principale,
Le dà per ricetta La legge marziale.

Del morbo .temuto sviata la fonte
Laggiù in Aspromonte,
All’Inclita cura sorrise e plaudì …
Drouyn de Lhuys;
E anch’esso il Pontefice dal suo Vaticano
Mandò un Benedicite al medico Urbano:

Così della rossa camicia la foga
Perdendo la voga,
L’instabile Moda condanna allo sfratto
Il rosso scarlatto:
Ed, arra di pace, ne invia dalla Senna
I nuovi colori col timbro di Vienna.

Al gallico rito, che sul piedestallo
Issò il nero-giallo,
Anch’essa l’Italia s’inchina ed assume
Lo strano costume;
E copre d’incensi, cosparge di fiori
L’esotico altare dei nuovi colori.

Fu dì . che la Musa d’un inclito Bardo
Con ghigno beffardo
Colori esecrabili a un italo cor
Gridò. quei color;
Ed ora, oh vergogna ! non conta più un fico
Dell’antico Bardo l’anátema antico.

O donne d’Italia, perché quest’oblio
Dell’odio natio?
Non v’ empie di cupi fantasmi il pensiero
Quel giallo, quel nero?
De’ vostri convegni non turban la gioia
Que’ turpi colori di prete e di boia?

All’ultimo lembo del suolo lombardo
Spingete lo sguardo;
E là, minacciosi del Mincio alla sponda,
Specchiarsi nell’onda
Gli stessi vedrete colori funesti
Che v’ornan le braccia, le chiome, le vesti.

Finché di Venezia nel grembo s’annida
La razza omicida,
Finché dei fratelli percote le terga
La nordica verga,
Oh ! infame la Moda che imporci s’avvisa
Del Vandalo esoso l’esosa divisa.

Strappiamo al Tedesco quest’ultimo brano
Di suolo italiano:
E allora non solo del giallo e del nero
M’acconcio all’impero,
Ma fo sacramento, se il vuole la Moda,
D’appormi alla nuca due braccia di coda !

                                                                                                                  Arnaldo Fusinato –

                                                                                                                 1863  da Poesie Patriottiche 

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