DELITTO E CASTIGO

Prendo in prestito, impropriamente parafrasandolo, il titolo del drammatico romanzo di Dostoievski per porre l’accento sui recenti episodi di violenza urbana che, se non frutto di ordinaria follia sono certamente il prodotto di disagio sociale, di frustrazioni, di amoralità che platealmente emergono da una società decadente e svilita qual’è quella italiana. Sta affermandosi la “ moda “ dell’aggressione violenta, fine a se stessa perché non preludente a furto o rapina ma non per questo meno criminale, denominata “ Knockout game “ consistente nel colpire un ignaro e sconosciuto passante, non importa se uomo o donna, con un violento pugno abbattendolo a terra. La scena è fissata nelle immagini di un anonimo telefonino per poi venir diffusa via internet avendo cura che l’aggressore, ormai in fuga, sia sempre preso di spalle e quindi non identificabile. Sono episodi giá avvenuti a Milano, Torino, Genova, Roma, Napoli, su emulazione di analoghi fatti criminosi importati dall’America.

Non voglio qui descrivere la dinamica dei fatti e neppure le possibili conseguenze di un trauma facciale o di una disastrosa caduta a terra implicante l’urto del capo su uno spigolo vivo, ma mi preme analizzare le motivazioni e le cause che inducono taluno a cimentarsi in questo “ gioco ” tanto assurdo quanto vigliacco. Le grandi cittá di per se giá fonte di parossistico fermento di arrivismo nella scalata ad un benessere mai bastevole, di frustrante solitudine pur immersi in una folla indaffarata ed indifferente all’altrui bisogna e disagio, di prevaricante affermazione di personali prioritá nell’egocentrica visione di supposti diritti, sono il crogiolo naturale ed ideale di ogni violenza, verbale e fisica, che sottende l’arco dell’aggressione criminale. Crogiolo nel quale lo scarso acculturamento, la depauperazione dei valori morali ed etici un tempo fondamento nell’insegnamento scolastico, l’esempio deviante di personaggi pubblici corrotti e di divi dello spettacolo tracotanti della e nella loro amoralità, plasmano la voluttá nella violenza gratuita, fine a se stessa, che riduce e confina in un gioco un’azione potenzialmente omicida.

Questi individui, sottoprodotto di una civiltá degenerata, da taluno visti, specialmente nel sud d’Italia, come “ bravi ragazzi “ forse un po’ troppo esuberanti, sono ben consci che, se catturati, potranno pur sempre contare sui cavilli di qualche compiacente avvocato arrivista e sull’occhio di riguardo di qualche magistrato minimalista che, in ossequio ed in dipendenza di leggi blande e permissive, sapranno edulcorare l’atto criminoso. Guai a chi, fortunosamente ripresosi dalla proditoria aggressione, sparasse nella schiena dell’aggressore in fuga: verrebbe irrimediabilmente imputato di omicidio volontario e nessuna attenuante gli verrebbe riconosciuta. Purtroppo l’Italia è afflitta da un codice penale, giá di per sé assai blando, che si presta ad interpretazioni soggettive di magistrati che, per indottrinamento politico, per fariseico buonismo emulante il gesuita Papa Francesco, minimizzando l’atto criminoso ne riducono la pena all’autore

.Ecco allora apparire leggi d’alleggerimento delle pene detentive anche per i peggiori criminali per i quali il castigo sia va via via affievolendo nelle progettata abolizione dell’ergastolo giudicato lesivo della dignitá e dei diritti dell’uomo, cosí che la societá viene offesa due volte: la prima quando subisce il crimine, la seconda quando viene condannata al mantenimento del carcerato, poiché costui non puó venir assogettato al lavoro forzato. Lavoro che sarebbe utilissimo per riparare ai danni del dissesto idrogeologico del territorio nazionale.

La dignitá ed i diritti del delinquente prevaricano dignitá e diritti della vittima.

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